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mercoledì 11 marzo 2015

Un piacevole incontro



di Mattia De Lorenzi

Le spalle, leggermente incurvate effetto collaterale degli intensi studi, contrastavano con l’aspetto giovanile I capelli brizzolati denunciavano un’età inferiore ai suoi 60 anni.

Il fascino che avrebbe potuto esercitare era sterilizzato dalla vuota malinconia dei suoi occhi. Le delusioni di un matrimonio, che si fermava alla soglia della camera da letto, avevano inaridito le emozioni e il cuore. Sempre più si rifugiava negli amati studi di matematica ed economia, strutture lontane dalle emozioni vitali ma, proprio per questo, provvidenziale rifugio dalle troppe cicatrici che, come le tacche di un pistolero, fregiavano il suo animo. Una delle rare evasioni dalla rete di pensieri che lo portavano ad immergersi, insieme alle lezioni, nel mondo reale era il rito della libreria. Iniziava la purificazione nella sezione romanzi del pian terreno per concludersi con l’ascesa alla stanzetta delle pubblicazioni scientifiche in lingua, dove amava passare del tempo fra le ardite formule assiomatiche e i freddi modelli economici. Era assorto nella lettura di alcune frasi dell’ultimo libro di Zafon, in odore di diventare un classico della letteratura, quando rischiò di cadere a causa di quella ragazza che si era appoggiata al suo corpo. Ci volle tempo , per la desuetudine, per metabolizzare il significato recondito dell’accaduto mentre l’occhio metteva a fuoco l’immagine di una ragazza bella e dannatamente giovane, che pronunziava con un sorriso accattivante le proprie scuse.
Lentamente realizzò che quella massa, dura e morbida a un tempo, che si era schiacciata contro il suo braccio era il turgido seno della
ragazza. Una sensazione piacevole si sparse con forza crescente nel
suo corpo alimentata dal contatto con le mani affusolate, caldi
tentacoli che rilasciano una sensazione di benessere. Travolto
dall’emozione girò più volte le stanze in cerca della ragazza, ma di
Lei nessuna traccia. Mentre l’ondata si stava smorzando e la
delusione, l’ennesima si faceva strada a rioccupare i propri terreni,
salì le scalette, con una punta di amarezza. Ritrovò la completa
padronanza di sé immergendosi in quel libro di controllo ottimale
stocastico, quando le sue narici furono colpite da quel profumo
inconfondibile. Respirò profondamente e si voltò davanti a lui,
splendida e luminosa si stagliava in controluce quella ragazza, dal
corpo flessibile come un giunco. 
Lei sfacciatamente lo baciò dicendo “che devo fare ancora per farti capire che mi piaci?”. Poi aggiunse in modo perentorio “seguimi”. Ripose il libro, senza la consueta attenzione, e come in trance le andò dietro, salirono sull’autobus affollato e lei si appoggiò col sedere al suo pube, dondolandosi lentamente. 
La ripetizione di quei gesti d’amore a cui non era più abituato riaccesero prepotente la passione, era visibilmente eccitato, anche se con deformazione culturale, ammirava la perfetta consistenza di quel sedere a mandolino; sembrava di marmo con le natiche saldate lungo il vallo anale. Si domandava se la ragazza non fosse una riproduzione della Venere callipigia. 
All’altezza del parco, lei chiese di scendere e Carlo la seguì docilmente. Tenendosi a una breve distanza si incamminarono lungo il sentiero e visto che erano soli, la ragazza lo portò in un cespuglio e dopo averlo baciato lascivamente si chinò per gratificarlo oralmente. 
Liberò il membro dai pantaloni e cominciò a leccare il prepuzio, la lingua giocava col frenulo e poi circumnavigò
>il glande. Le mani avevano abbassato i pantaloni e gli slip del
professore che si stava abbandonando sempre più a quell’onda di
piacere che lo avrebbe investito come uno tsunami. La ragazza
accertava con una mano la consistenza dei testicoli, ben gonfi e con
una mano, irriguardosa stimolava il perineo anale.
A quel punto volle giocare un ruolo attivo, fermò un attimo la
ragazza, si stese con lei, assumendo la posizione del 69. Le mani
ansiose tolsero il perizoma ormai bagnato di umori, e il dito cominciò a giocare, in modo circolare con il clitoride. 
Dopo aver ammirato la vagina dalle grandi labbra carnose e roride di piacere, incastonate in un delizioso monte di Venere, immerse la sua lingua , mentre le narici si saturavo dell’ afrore di muschio. La lingua sembrava un impaziente sommozzatore, esplorava con cura le pareti rosacee della vagina che trasudavano nettare. 
Ripassava in ogni anfratto di quella splendida caverna, da troppo tempo non provava un piacere simile e le scosse elettriche del cervello spandevano adrenalina. 
Si serrò con la bocca a sigillare la vagina e aspirò con forza, Lei si sentì come strappare e il mugolio si trasformò in un orgasmo improvviso, il petto e il corpo vennero come squassati mentre ora il piacere arrochiva, rotolando fuori dalla bocca. Si distaccò un attimo dalla vagina e la lingua percorse la pelle vellutata di quella parte intima di bacino fino all’ano. Arditamente percorse ogni frastagliatura, saggiò la l’elasticità del perineo anale, entrando nelle tenere e calde carni del retto. Il sapore, contrariamente all’attesa era tutt’altro che sgradevole, tenera e delicata carne che eccitava Carlo. Raggiunsero contemporaneamente l’orgasmo, i corpi sussultarono avvinghiati in un blasfemo gruppo plastico. Madido di sudore si calmò baciando la ragazza, così da trasmetterle la sua passione e il ringraziamento per le sensazioni provate. Accarezzò il corpo nudo con lo sguardo tenero e le mani ormai rilassate, seguendo il profilo di quel corpo. 
Ora poteva
ammirarlo nella sua concupiscente bellezza  e si stupiva della sua
fortuna. Era molto bella, i capelli, leggermente sudati ,
incorniciavano un ovale delicato in cui si increspava un sorriso
raggiante. Gli occhi, enormi fari rendevano il volto ancora più
luminoso;  il corpo si svolgeva sinuoso , linee e curve denotavano
insieme all’evidente giovinezza anche una ragguardevole cifra
stilistica. Forse le diete e la palestra, sicuramente Madre Natura
avevano plasmato un corpo statuario. Le cosce erano slanciate e
affusolate, avrebbe voluto percorrerle con i baci . Ora il sesso
ancora umido di piacere appariva una glabro promontorio erotico sotto una pioggerella autunnale. Lei si rialzò e disse di sentirsi davvero appagata; alla richiesta di un contatto lei rispose “quello stronzo del mio ragazzo mi ha tradito con una Signora matura ho voluto vendicarmi ma non faremo all’amore”. Lui sorrise amaramente e con signorilità la ringraziò anche se era stato un mero strumento di vendetta nelle sua mani. La baciò sulla guancia e lei se ne andò, anche se nel profondo dell’animo era stata colpita dalla delicatezza e dalla passione di quell’uomo affascinante: l’esperienza le lasciò dei turbamenti di cui si rese conto alcuni giorni più tardi.
Certo quell’esperienza aveva segnato profondamente il professore, le vibrazioni di quel giovane corpo, il panorama dei tesori della sua
femminilità donati ai suoi sensi, avevano sgretolano i suoi “ferrei
“principi: altro che educatore, altro che stigmatizzare i colleghi
colti in atteggiamenti poco consoni con le allieve. Scoprì la verità
del giudizio del grande filosofo tedesco che sosteneva di non
giudicare mai gli uomini e gli stati in base all’ opinione che avevano di loro stessi ma al loro comportamento fattuale. Il ricordo degli spasmi, degli odori, i sapori della vagina di cui ricercava memoria arricciando le labbra sotto le narici avevano fatto crollare titaniche certezze. La miseria di un matrimonio ormai basato sulla stima ma privo d’amore balzò in piena luce, come scavo archeologico, grazie ai singulti e ai rantoli arrochiti emessi dal corpo sommerso dal piacere.
Ricordava il calore intenso, le ondate di adrenalina che come cerchi concentrici si irradiavano dal cervello. L’oscura parte del suo carattere o meglio una parte era emersa in quel boschetto. Nei giorni seguenti, come in un pellegrinaggio disperato, ricercò tracce della ragazza che gli mancava come l’aria in quella libreria, le notti
riviveva gli intensi momenti sublimi. Non di rado usciva ora 
dall’ufficio lasciando gli amati studi che sembravano futili
passatempi per ripercorrere il tragitto in autobus o la passeggiata
ansiosa nel boschetto, indifferente al giudizio delle persone. Cercava con gli occhi della memoria e con l’ansiosa speranza tracce di lei, di quell’ovale perfetto da Beato Angelico, quegli occhi lucenti, come fari nella notte che avevano spazzato le tenebre delle convenzioni, quel corpo giovane che pareva scolpito dal Canova  … Si aveva desiderio di riassaporare quel clitoride imperlato di umori e di scoprire la verità di quel corpo.

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