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domenica 3 luglio 2011

Il tepore della tenda


Abitava una vecchia casa con terrazze di cemento, disposte su più livelli che comunicavano tra loro a gradoni. Abitazioni d'altri tempi, dove i confini sembravano indefiniti. Io, invece, vivevo una vecchia soffitta mansardata a non più di sette metri e potevo vedere la terrazza dall'alto della palazzina che mi si offriva attraverso due porte finestre ampie e generose, stralci di vita e vissuto domestico del mio vicino. Lui, la mia ossessione, lui il mio chiodo fisso, lui che quando arrivò mi avvolse del suo fascino e del suo magnetismo non appena si presentò, mentre mi stringeva sorridente la mano. Gli occhi grigi e profondi mi spogliarono e subito mi sentii attratta.
Lo osservavo con tranquillità e discrezione dalla mia finestra, dietro una tenda rossa sbiadita dal sole. Di lui, ormai, conoscevo orari, abitudini, movimenti e tutto dividevo con lui, la mia vita era proiettata nella sua. MI vergognavo, quasi, di quella dipendenza, mi sentivo meschina, ma ne avevo bisogno perché ne ero irrimediabilmente ossessionata. Lo desideravo, provavo quella ignobile, ma sana invidia per le donne che lo frequentavano, ma rimanevo silenziosa, piccola e saldamente incollata dietro quella tenda. Al mattino, se mi alzavo presto, potevo vederlo seduto mentre beveva il suo caffè a dorso nudo, assorto, statuario, meraviglioso ed io sussurravo in un soffio, buongiorno, amore. Talvolta i miei occhi si riempivano di lacrime, la rabbia mi accecava e mi assaliva quella voglia di essere sua. La tenda mi separava da lui, ma mi avvicinava con la sua complicità. Avevo la sensazione, il presentimento che lasciasse volutamente aperte le sue vetrate mai protette da tende e sfacciatamente visibili all'interno. Erano trascorsi due mesi e si avvicendavano alcune donne da lui. Io mi facevo piccola nel buio e lo spiavo. La sera iniziava la mia agonia mista a piacere e sofferenza. Il bagliore della televisione mi diceva che era solo, quando si arrestava, ecco non era più solo. Una donna era arrivata. L'eccitazione mi seccava la bocca, cominciavo a pregustare qualcosa che mi saziava ed altresì mi procurava tormento. Il mio desiderio e la mia voglia di lui si accendevano come il fuoco che avevo dentro, Dio come avrei voluto essere lei! Tutto si svolgeva con una luce soffusa, ecco li potevo vedere abbracciati che volteggiavano intorno alla stanza, ridendo, si spingevano, schermaglie amorose che preannunciavano contatto, voglia. Si baciavano ed io tremavo, poi lei fingeva di scappare, lui di rincorrerla, fino a farla cadere a terra. Lì, le serrava le gambe dal di dietro. Lei rideva forte, io potevo sentirla, era in ginocchio mentre lui dal di dietro le mordeva la schiena e la teneva accovacciata, baciandola sulle natiche. I miei occhi erano su di lui, su quel dorso possente che stava dominando con veemenza la sua cavalla. Stringevo la tenda con le mani sudate e mi immedesimavo in lei che come me stava aspettando di essere cavalcata. Lui le poggiava le mani sui fianchi, le sfiorava la guancia dolcemente sui glutei, poi lentamente affondava il suo viso nella sua fessura e si perdeva nelle rotondità per assaporare, baciare, leccare. Io sentivo la sua linguala percepivo, ogni movimento della sua testa era un dolce tormento per quelle labbra aperte, bagnate d'amore. Ora la sua lingua affondava nei crateri che eruttavano lava bollente, io sentivo di impazzire. Si sollevava e la stava penetrando, come un'ancora che tratteneva ferma la sua barca, lei sobbalzava ai suoi colpi, lui ondeggiava, affondava, si allungava, si contraeva ed io godevo di lui, con lui, mi sembrava di uscire dal mio corpo ed essere lei e mi agitavo come una fiamma di candela tormentata dal vento, mentre mi violentavo con tre dita il mio sesso. Forse la tenda si spostò, perchè lui guardò verso di me e sorrise, ammiccando e gettandomi un bacio.Oddio sapeva. Il mio sospetto era fondato. Ma il rendermene conto mi riempì di vergogna ed imbarazzo, misto a piacere, stupore e desiderio. Un turbinio di sensazioni che mi davano le vertigini. Accostai con rabbia la tenda e rimasi con le spalle appoggiate alla finestra, ansimando in preda al più dolce e lungo dei miei orgasmi. Ormai ero certa che da quel momento, io, solo io, avrei preso il posto di quelle donne fortunate.

Rosalba 2/7/2011

8 commenti:

  1. E io penso a te, sconosciuto angelo provocatore, mentre guardo lo sperma che sgorga dal mio sesso tormentato tra le mie mani, sconvolto dall'immagine di te che ti masturbi spiando un sesso negato

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  2. E' la stessa sensazione che ho avuto anche io, l'immagine che io vedevo leggendo il tuo racconto non era ciò che vedevi, non era la scena che ti stravolgeva, ma te che ti donavi piacere osservando il piacere dell'altro e questo mi ha eccitato tantissimo (mood)

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  3. ...eri tu....lui sapeva che eri dietro quella tenda...e voltandosi per guardarti sapeva che la donna sotto di lui ...eri tu....il corpo era di un altra...ma era a te che leccava ...era a te che possedeva....era a te che donava il suo piacere..

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  4. Certo non è piacevole vedere solo chi fa l'amore in modo sfrenato.
    Io al posto di quell'uomo serei venuto dopo da te e ti avrei spupazzata come si deve,perchè in due è meglio che fare da soli, anche se molto eccitati.
    Lui ti ha vista da dove si trovava,ha notato il tuo atteggiamento motorio, si sarà di più eccitato,io sarei venuto da te dopo aver finito con la prima.... E

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  5. Bello e molto trascinante...ma ancora più coinvolgente la souspence creata nel finale...da sbizzarrirsi in mille soluzioni diverse...Bravissima Rosalba...come sempre...besos

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  6. il desiderio tra reale e fantastico di chi osserva le altre vite:)mi piace come scrivi
    Maria

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  7. hai scritto di cose migliori e già ne parlammo a suo tempo...pecato che non tutti sanno che sei una donna matura e posata e felicemente sposata e che questo per noi è un semplice hobby

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  8. ah dimenticavo di dirti che sono massimo ma penso che non ce n'è bisogno di ricordartelo...

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