di Béatrice
Alaix
Il cielo di Parigi è spesso grigio,
anche a primavera, ma adoro i colori
della mia città e sempre mi appare luminosa. Oggi guardando sopra i tetti la
volta perlacea, ho immaginato che un angelo custode mi vedesse di lassù e ho
pregato perché aiuti Charles.
Mi chiamo Muriel e Charles, professore alla Sorbona, è mio marito. Lui si sta avvicinando ai sessantacinque e il suo cuore negli ultimi tempi gli ha creato dei problemi: entrato in ospedale la scorsa settimana, non so quando torni a casa. Io ho vent’anni in meno, ero una sua allieva: siamo sposati da tanto e non l’ho mai tradito, o quasi. Passionale come sono, se accadesse, avrei paura delle conseguenze. Guardo l’orologio impaziente, chiedendomi se lo studente che aspetto tarderà, visto che ho appuntamento con un’amica. Finalmente suonano. È Adrien, uno dei migliori allievi di Charles, venuto a consegnare una tesina che dovrò portare a mio marito. Non l’ho mai visto prima. Apro e rimango di stucco: longilineo e spettinato si regge il naso premendovi un fazzoletto sporco di sangue.
Mi chiamo Muriel e Charles, professore alla Sorbona, è mio marito. Lui si sta avvicinando ai sessantacinque e il suo cuore negli ultimi tempi gli ha creato dei problemi: entrato in ospedale la scorsa settimana, non so quando torni a casa. Io ho vent’anni in meno, ero una sua allieva: siamo sposati da tanto e non l’ho mai tradito, o quasi. Passionale come sono, se accadesse, avrei paura delle conseguenze. Guardo l’orologio impaziente, chiedendomi se lo studente che aspetto tarderà, visto che ho appuntamento con un’amica. Finalmente suonano. È Adrien, uno dei migliori allievi di Charles, venuto a consegnare una tesina che dovrò portare a mio marito. Non l’ho mai visto prima. Apro e rimango di stucco: longilineo e spettinato si regge il naso premendovi un fazzoletto sporco di sangue.
- Cosa è successo?
Lui entra.
- Mi scusi… un’emorragia,
all’improvviso.
Lo guido al bagno.
- Ti prendo del ghiaccio…
Torna in soggiorno e siede sul
divano, la testa rovesciata all’indietro. Gli metto un cubetto sulla fronte,
notando il guizzo d’una vena azzurra. Sono estatica di fronte alla sua pelle serica, gli occhi e i capelli corvini, chiedendomi
perché sia così diafano e magro. Penso che Adrien sia bellissimo, un frutto
proibito di poco più di vent’anni. Incrociando il suo sguardo mi sento turbata
e mi do della scema.
- Perdi spesso sangue dal naso?
- Qualche volta.
- Ti sei fatto vedere da un medico?
- Non è niente – sorride mostrando la chiostra perfetta dei denti – suo
marito quando esce dall’ospedale?
- Purtroppo non lo so.
- Mi spiace… - depone sul tavolo un manoscritto – ecco, questo è il plico… ora vado.
Non so quale impulso mi scatti a trattenerlo, quasi senza accorgermene
gli propongo:
- Aspetta di star meglio… vuoi della coca-cola?
- La coca cola non ferma il sangue dal naso… - ride impertinente, sento
che mi osserva oltre i vestiti, abbasso lo sguardo. Ha un’aria complice, mentre
accetta la mia offerta.
Averlo soccorso ha creato improvvisa
intimità tra noi. Sono sconvolta perché provo tenerezza verso questo
sconosciuto e, pur convinta che potrebbe essere mio figlio, l’ho pensato in
orizzontale sopra di me. Non so più quando ho sentito un’attrazione fisica
tanto tumultuosa, forse a sedici anni, in ogni caso pochissime volte. Non è successo nemmeno con Charles, che pure
ho amato e amo: sapendolo in ospedale mi sono scoperta in colpa nel momento in
cui ho accompagnato Adrien alla porta. Non c’era stato nulla tra noi, ma il
divano sul quale siamo stati seduti a parlare per un’ora e mezza, mi è apparso
inspiegabilmente identico a un letto sfatto. Mi sciacquo il viso, rassicurata
dall’idea che non lo vedrò mai più.
Qualche giorno dopo, annusando
nell’aria la primavera, vado a far spese in boulevard des Capucines, in un
grande negozio di musica, una canzone mi riporta alla mente Adrien. Non poterlo possedere di colpo ha il sapore
di una perdita, con stupore mi chiedo perché e cosa, contro la mia volontà,
stia accadendo. Sono vittima di ciò che chiamano colpo di fulmine e sono pazza:
un invisibile proiettile emotivo mi ha trapassato il cuore, ha scompigliato gli
ormoni. Adesso, uno stand più in la del
mio, la nuca di un ragazzo che gli
somiglia, mi fa balenare la visione di me stessa inginocchiata sul grembo di
Adrien, il suo membro turgido fra le labbra. Nel medio evo sarei stata mandata
al rogo, sorrido rigirando tra le mani un CD intitolato “The witch”. Eppure,
con certezza, so che non è un desiderio carnale, é molto di più. Mi intriga proprio perché é il migliore
allievo di mio marito – ma al di là del triangolo perfetto, simbolicamente
incestuoso, al di là dell’oltraggio a un
partner e ad una istituzione – la nostra conversazione su Rimbaud e Verlaine era seduttiva: mi ha affascinato il
suo modo di analizzare il rapporto erotico tra i due uomini, l’acume delle sue
osservazioni. La sensualità nasce nel cervello e se viene dalla poesia è
pericolosissima. Per fortuna un pensiero mi frena riportandomi con i piedi per
terra: non posso e non devo interessarmi
a lui, sono sposata ed è troppo giovane.
Agli uomini accade, ad una donna no, ma è comprensibile, perché un maschio
figlia sino a tarda età. Sono sicura che Adrien mi abbia dimenticata, alla sua
età cupido mi lanciava frecce ventiquattro volte al giorno. La notte però mi
sono masturbata immaginandolo sopra e dentro di me, il mio ventre piatto, la
mia vulva nuda, perfettamente depilata, lo reclamavano visceralmente: ho
massaggiato il clitoride finché il piacere è arrivato a ondate e, sognando, i
miei singulti quasi si sono trasformati in pianto (continua).
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